lunedì 6 febbraio 2017

Terrorismo attraverso le storie degli attentatori: lettura psicologica



UN ISTANTE PRIMA
Com'è cambiato il terrorismo fondamentalista in Europa dieci anni dopo l'11 settembre.
Il racconto di un magistrato in prima linea.
Stefano Dambruoso, Vincenzo R. Spagnolo
Mondadori, 2011       pagg. 206    € 17,50

Il magistrato più attivo in Italia contro il terrorismo ha affidato al giornalista di inchiesta le proprie considerazioni maturate da una lunga esperienza di indagini e di osservazione del fenomeno del terrorismo attraverso le azioni e le storie degli attentatori. Personaggi che hanno tracce di un'esistenza costruita sull'odio maturato in contesti di vita di abbandono e di frustrazioni mai affrontati. Storie di identificazioni con ideali e idoli del male, progetti di indiscussi teoremi che percorrono l'obiettivo della distruzione del diverso da sè anche attraverso il prezzo dell'autodistruzione.
Queste vite sono intrappolate in una dipendenza assoluta?
Vittime di una dipendenza senza possibilità di trattativa da un gruppo o da un'illusione di appartenenza dettata da una solitidine interiore mai colmata?
Uomini dalla storia infantile carente di cure e donne con l'odio spostato dalla figura del padre alla diversità dell'altro. Persone che non si sono mai sentite accolte dai propri oggetti primari, investiti da un'ideale reificato nella morte umana. Questo sembra  rimanere l'unica manifestazione di un sentimento di appartenenza che li vede coinvolti affettivamente solo in una parte costruita per loro da un assioma dettato da altri.
Una lotta all'angoscia legata all'affetto primario in cui non si sono potuti rispecchiare se non per la parte dell'aggressività e della trscuratezza subita. Sembrano essersi  identificati solamente nella parte genitoriale della superiorità onnipotente, presente in strutture narcisistiche gravi di personalità, per evitare l'angoscia dell'abbandono. Ruolo che poi si è inevitabilmente riproposto nella vita adulta  rigenerandosi in odio e rancore distruttivo verso l'altro e autolesionistico.
Una dipendenza affettiva indiscutibile ma entro la quale ci si vede riconoscuiti finalmente in un ruolo interpretato in un progetto che viene abbracciato perchè fa sentire soggetti e  protagonisti. Molti lo saranno solo per una volta, i kamikaze addestrati con l'obiettivo di morire e far morire, ma  la situazione rappresenta ciò che per loro è stato anelato fin dai primi periodi della vita di vita, essere al centro di un contesto e attori di un grande evento. Come se fosse stato un percorso precostituito per loro, un senso, distruttivo ancora una volta, ma pur sempre un senso dato alla loro esistenza fatta di traumi e di ardore di riscatto da una mancata antica accettazione e di una conseguente impossibile integrazione sociale nel mondo.
Questa forma di dipendenza affettiva ha le radici nella storia evolutiva del soggetto e man mano compone e conferma aspettative e ruoli nel corso della crescita relazionale fino a consolidare un modo di percepire e interagire con la realtà adatta a riempire quel vuoto antico del soggetto che non potrà mai essere colmato del tutto.
E' qui che fa leva il precetto indiscutibile dell'odio e del desiderio di morte, aderisce alle fragilità di alcuni che, per loro struttura psichica ben si integrano nell'estremismo ideologico di chi li può manovrare perchè fa sentire loro, almeno per una volta, di appartenere a qualcosa.                                 
Annalisa Pistuddi