venerdì 20 novembre 2015

Desiderio sessuale e relazioni

Bisogna fare sesso quando non si ha voglia? 

Le ragioni per rispondere sì o no mantenendo l'armonia di coppia, senza deludere le aspettative del compagno ed evitando di fingere il piacere

di Giovanna Caldara, Antonella De Minico

lunedì 16 novembre 2015

Donna, desiderio, sessualità

Piacere, sono una donna. E vi spiego il desiderio

Meno automatico di quello maschile l'organo femminile è un mix di sicurezza e fiducia in se stesse.
Più misterioso e meno meccanico di quello maschile, il piacere femminile è un’esperienza sempre diversa, legata a emozioni mutevoli, che impediscono talvolta di raggiungerlo. Ma superare blocchi e difficoltà, è possibile. 
La parola agli esperti...
1. RAGGIUNGERE LA STIMA DI SÉ. «Fiducia in se stesse e confidenza con il proprio corpo sono fondamentali per raggiungere l’orgasmo», afferma Annalisa Pistuddi, psicoterapeuta esperta in sessuologia a Milano. E se si hanno timori a mostrarsi nude, o se il partner accarezza parti del corpo che si pensa abbiano difetti? «L’autostima non nasce dall’avere un fisico che risponde ai nostri canoni di bellezza, ma dalla convinzione che ogni corpo, anche ‘imperfetto’, ha la capacità di dare e ricevere piacere», aggiunge Federica Giromella, esperta di sessuologia di Roma.

2. SAPERSI ABBANDONARE «La penetrazione può suscitare sentimenti in bilico tra desiderio e paura di intrusione», precisa Giromella. Generando inquietudine. 
«Alcune, provando l’orgasmo, temono di smarrire i confini corporei e mentali e, inconsciamente, si irrigidiscono», conferma Pistuddi. «Altre non inseguono il piacere perché pensano di desiderare esperienze troppo trasgressive. 
E, se si teme che questi gesti inneschino il giudizio o la gelosia del partner, il blocco è quasi garantito...». 
Come affrontarlo? Ascoltando il corpo.
3. LA SUA IMPREVEDIBILITÀ per avere fiducia nel partner che sia il compagno di una vita o la conquista di una sera, la condizione necessaria per raggiungere l’orgasmo è la fiducia. «Il partner ideale è quello che ci fa sentire sicure, che ci accoglie senza giudizi», afferma Giromella. 
«È in contatto sia con il suo sia con il nostro desiderio e sa lasciare spazio a un’esperienza che è una creazione condivisa. Con lui, niente sembra fuori posto, o ripetitivo». 
Per provare piacere, quindi, bisogna andare oltre i luoghi comuni. 
«L’importante è aprirsi all’ascolto dell’altro, lasciare che la sessualità scaturisca dall’incontro con il partner». 
4. LIBERARE LE FANTASIE Per arrivare all’acme del piacere, bisogna liberare le fantasie che alimentano il desiderio (per esempio, fare l’amore di gruppo, essere guardati mentre lo si fa...). «Uno stratagemma dell’immaginario per lasciarsi andare totalmente. Le fantasie devono fluire senza sensi di colpa, senza etichettarle come ‘cattive’ o ‘sbagliate’».
5. IMPARARE AD ACCETTARE une donne, l’orgasmo arriva anche dopo molti anni. «Talvolta serve tempo per imparare a lasciarsi andare davvero, entrare nell’intimità delle proprie sensazioni e dei desideri», afferma Pistuddi. Per esprimere liberamente sia la parte più istintuale sia le fantasie, è necessario scoprire una dimensione nuova di sé, e lasciare che le emozioni corporee prendano il sopravvento.

Violaine Gelly Isabelle Taubes

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venerdì 13 novembre 2015

Crisi di coppia dopo il bebè: come ritrovarsi

CRISI DI COPPIA DOPO IL BEBè: COME RITROVARSI

Con la consulenza della dottoressa Annalisa Pistuddi, psicologa, esperta in psicoterapia relazionale.

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lunedì 9 novembre 2015

ITALIANI POPOLO DI SANTI, POETI, NAVIGATORI E.....SESSODIPENDENTI


Secondo lo studio, oltre il 6% della popolazione del 

Bel Paese soffre di tale patologia; 

specialmente gli uomini

La ricercatrice: "Il sesso e le sue fantasie permeano tutta la vita e la giornata
e non si riesce a controllarle. Non si considerano le conseguenze, 
proprio come avviene con l'abuso di sostanze"

Italiani, popolo di santi, poeti, navigatori
e... sesso-dipendenti
Italiani, un popolo di santi, poeti, navigatori e... sesso-dipendenti. Direttamente dagli Stati Uniti, la "sexual addiction", ovvero dipendanza da sesso, è un disturbo che interessa il 6% della popolazione italiana, soprattutto di sesso maschile tra i 26 e 35 anni. Ad analizzare il fenomeno la dottoressa Annalisa Pistuddi, psicoterapeuta dell'asl di Milano 2, che al congresso di Federser ha dichiarato: "Purtroppo non ci sono molti dati nel nostro Paese su questo fenomeno ma è bene chiarire che la sexual addiction è diversa dal desiderio sessuale iperattivo. Quando si ha la dipendenza, ci si mette in situazioni di rischio per sé e per gli altri. Il sesso e le sue fantasie permeano tutta la vita e la giornata, e non si riesce a controllarle. Non si considerano le conseguenze, proprio come avviene con l'abuso di sostanze"
Le vittime - Nel mirino di tale patologia ci sono specialmente gli uomini: "soprattutto giovani. Il 46% ha tra i 26 e 35 anni, mentre il 34% è tra i 35 e 50 anni. Si tratta di persone spesso precarie o senza lavoro, single o separate. In molti casi hanno subito traumi, lutti, abbandoni, e soffrono anche di disturbi dell'umore. Pochissimi chiedono aiuto". Come negli STati Uniti, anche in Italia ci sono cliniche di disintossicazione, ma la terapia è lunga e non sempre facile. Inoltre, la dottoressa ha espresso le sue preoccupazioni sull'uso sbagliato del web: "Certo, in futuro c'è da aspettarsi un aumento dei casi per via dell'uso di internet, che intensifica contatti pornografici". 

lunedì 2 novembre 2015

INTERNET E FLIRT: INCONTRI O CASUALITA'

http://d.repubblica.it/argomenti/2013/02/08/news/amore_incontri_web-1486354/

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sentimenti digitali

Flirt 2.0

Il corteggiamento sembra un rito destinato all’estinzione. Ma gli algoritmi per incontrare la persona giusta non insegnano a essere sexy
di Elisabetta Muritti





Flirt 2.0
Oggi ci fa comodo lamentarci della poca preveggenza di Darwin, circa corteggiamento, accoppiamento ed evoluzione della specie. Se avesse saputo prima che cosa sarebbe diventato l’amore ai tempi di Internet, figurarsi se il naturalista si sarebbe accalorato a dar per immutabili il maschio-cacciatore, la femmina-preda, il loro corredo di moine e fraintendimenti... Ce lo ricorda Dan Slater il trentacinquenne autore di Love in the Time of Algorithms, sottotitolo: “Che cosa fa la tecnologia all’incontro e all’accoppiamento”, che nel saggio appena pubblicato negli Stati Uniti da Penguin descrive opportunità e disastri del business della conoscenza virtuale.

A essere più precisi, è andata fuori corso l’intera l’antropologia dei rapporti sentimentali. Basta consultare le descrizioni del corteggiamento nei manuali, magari scritti negli anni 90 e non nei secoli andati, per accorgersi che la passionalità formato techno è tutta da studiare, e che Slater ha solo cominciato a farlo. Esempi? Come la mettiamo, in tempi di dating online, con la donna che, preda o non preda, è la prima a promuovere il contatto relazionale, con uno sguardo che è fulmineo e sfuggente al tempo stesso? Che dire dei segnali indiretti non verbali, del linguaggio gestuale, il guardarsi negli occhi un filo più del necessario, i movimenti più lenti, i sorrisi a bocca socchiusa, lui che giocherella con l’accendino o le chiavi, lei che si sistema i vestiti e si pettina con le dita...
Tutto questo bagaglio biologico e culturale, che ha fatto soffrire le pene dell’inferno e gioire le delizie del paradiso a generazioni di umani, è più vintage di un telefono a gettoni. Più “vecchio” di un mazzo di rose, di una cena a lume di candela.

Colpa o merito delle tecnologie: anche Alex Williams, brillante penna del The New York Times, decreta la fine del corteggiamento. E dice che è arrivata l’era del “non-date”, del “che fai il prossimo weekend?” sganciato da implicazioni galanti. E cita qualche vittima sul campo. Belle manager che trovano un’anima gemella sui siti di dating, mesi di chat e sms, un generico “vediamoci” la tal sera del tal giorno, ecco che ci ricamano sopra, quantomeno immaginano un aperitivo a due, poi nulla, poi l’indicazione del locale scelto e, alla fine, la svagata annotazione che lui è già lì con un gruppo di amici. Universitari che non solo non sanno come trovarsi il fidanzato/a, e sarebbe il meno, ma che, una volta trovatolo/a, hanno bisogno di istruzioni per l’uso, l’intimità è un noioso imbarazzo, non era più eccitante quando ci si palleggiava chat disinvolte e autoscatti porno? E poi, giovani adulti ambosessi che scoprono di non sapere nulla di fascino e sex appeal, al massimo hanno sentito parlare del cool, rispetto alla seduzione sono analfabeti.
Il panorama Usa è triste ed emana il profumo a tratti stantio della recriminazione. Si arriva, con cautela, a rimpiangere il Don Giovanni seriale, più generoso di chi si fa prendere dall’ansia degli speed-dating (potremmo tradurre con sindrome dell’ogni-lasciata-è-persa): avere una donna o un uomo a portata di ogni clic, e ogni clic col profilo più compatibile, è una droga che dà dipendenza, una picconata alla monogamia, pur transitoria, che prelude a un amore consapevole.



Flirt 2.0
«Internet uccide il corteggiamento? Preferirei parlare di alcune fasce a rischio online», rettifica Annalisa Pistuddi, psicosessuologa e psicoterapeuta esperta in dipendenze comportamentali indotte dalla tecnologia. «Gli adolescenti, ovvio, perché confondono l’idealizzazione col desiderio. E quest’ultimo, si sa, presuppone un incontro vero. I teen attribuiscono alla controparte solo le caratteristiche che vogliono e maneggiano, e si fermano lì. E così corrono il pericolo di diventare adulti carenti in intimità e confidenza, e non solo in campo amoroso: incapaci di mediazioni sociali, non sapranno discutere e avranno problemi nella ricerca del lavoro, a meno di non aspettarci una generazione tutta di informatici e creatori di programmi». E snocciola i rischi dell’invisibilità in rete, della solitudine decisionale (ai ragazzi mancherebbe la rappresentazione sociale, pure di un amore), delle poche esperienze reali, della mancanza di spontaneità, del senso di onnipotenza e manipolazione... «Ancora più a rischio maschi e femmine di mezz’età: rinunciando alle fatiche della ricerca sul campo, diventano vittime consenzienti di persone che hanno problemi di relazione. Investono troppo, poi patiscono delusioni cocenti. Per non parlare di certi aspetti inquisitori della rete, per esempio, se lo vuoi, riesci a conoscere preliminarmente lo stipendio della persona che vuoi agganciare».

Manca, insomma, una ben leggibile sintassi del corteggiamento; e così spuntano come funghi i siti di autoaiuto (dating commentary, dicono negli Usa) per fanciulle frustrate e confuse, della serie tutte (tutti?) hanno ancora diritto a sentirsi sexy, indipendentemente dall’ambiguità di flirt elettronici e appuntamenti virtuali. «La paura dell’ignoto è più che altro paura di sentirsi dire di sì, non di no, di esporsi, di proporre un sé senza modalità mascherate», sorride Annalisa Pistuddi. «A volte i maschi con partner “conosciute” online patiscono problemi di erezione, défaillance situazionali; del resto, è tipicamente maschile il “gettare l’amo a tutte quante”, lo sparare nel mucchio, com’è tipicamente femminile l’abboccare, le donne captano meglio il segnale simbolico, chessò?, i fiori, i cioccolatini, e lo cercano anche su Facebook... Tanto, che problema c’è? Posso chiudere la comunicazione quando voglio». E posso pure crearmi un amore virtuale, un gioco erotico parallelo, perché l’amante in carne e ossa oggi costa davvero troppo.

La psicologa racconta la storia vera di E., professionista in ascesa, tosta, non una gattamorta. Conosce un bellone a una festa, lui è stregato dal “potere” di lei, lei dall’autodecantata sapienza amatoria di lui. «Messaggi a fiumi, una storia virtuale, misteriosa, lui si faceva desiderare e modulava il gioco anche coi silenzi, lei trovava il tutto eccitante e ci stava... ». Si incontrano, lui pare al di sotto delle aspettattive, decollano sms più aggressivi, fanno l’amore, lei poi si stufa e non risponde più agli sms. «E. racconta di essersi divertita, lui l’ha fatta sognare, sperare, giocare... Ma quand’è diventato sicuro e ripetitivo lo ha scaricato». La storia di E. chiude il cerchio. Dice quello che dicono alcune blogger americane (sul magazine online Slate, su xoJane, de-cidered.blogspot, Jezebel): il corteggiamento non è morto per colpa della tecnologia. È solo cambiato. Meglio: sta facendo la siesta. Per tornare più forte di prima. Non per niente Ellen Fein e Sherrie Schneider, due marpione che dagli anni 90 firmano vari bestseller intitolati Le regole, di fatto manuali per allumeuse di buon cuore e buona famiglia, ora ci riprovano con Not Your Mother’s Rules: The New Secrets for Dating (Grand Central Publishing). E le regole sono le stesse, liftate giusto per i tempi: sii misteriosa, non chattare, non perder tempo coi tipi complicati o poco interessati, non mandare troppi o troppo tempestivi sms, renditi invisibile su Facebook, non chiedere l’amicizia per prima a uno che ti piace, non chiedere l’amicizia ai suoi parenti, sbircia il suo profilo online ma non confessare neanche sotto tortura di averlo fatto...
«Le vecchie strategie non vanno in pensione», ammette Annalisa Pistuddi. «Peccato, quelle non ci mancavano. Semmai sentiamo la nostalgia del desiderio, delle pause di riflessione, della gratificazione del sapersi corteggiati, della reciprocità, del buttarsi con creatività e fatica». Già, siamo diventati “navigatori” smaliziati ma dilettanti nella passione. Stressati dalla compilazione del nostro profilo, ci promettiamo tutti attenti alla politica e al mondo, ma socialmente controllati dai soliti rituali. Perché Facebook, alla fine, è un mondo tribale e cavalleresco, coi pegni, il decoro, le richieste che sono come biglietti da visita, il controllo dei sodali, le dichiarazioni di intenti, la reputazione. E la foto dell’anello di fidanzamento inviata con WhatsApp. Il corteggiamento è tornato a essere una faccenda di cortile.

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